Ben prima della scadenza di due settimane che aveva promesso per negoziare con Teheran, Donald Trump ha sferrato un attacco a sorpresa in Iran, intestandosi quello che spera sia il colpo di grazia decisivo, dopo nove giorni di bombardamenti israeliani.
Ma col rischio di un’imprevedibile escalation in Medio Oriente, dopo le prime minacce partite dalla tv di Stato iraniana, secondo cui “ogni cittadino americano, o militare, nella regione è ora un legittimo obiettivo“.
“Adesso è iniziata la guerra“, è il post pubblicato sull’account X associato ai Guardiani della Rivoluzione iraniana. Minacce a cui si sono aggiunte quelle degli Houthi, alleati di Teheran.
È stato lo stesso presidente ad annunciare il blitz (seguito dalla situation room) con un post su Truth, rivelando che gli Usa avevano “completato con successo” il loro attacco a tre siti nucleari in Iran (Fordow, Natanz ed Esfahan) sganciando “un carico completo di bombe sul sito principale di Fordow”. E che “tutti gli aerei sono ora fuori dallo spazio aereo iraniano” e “stanno rientrando sani e salvi”. Quindi le “congratulazioni ai nostri grandi guerrieri americani”, il vanto di aver fatto quello “che nessun altro esercito al mondo avrebbe potuto fare” e il monito che “è l’ora della pace“. “Questo è un momento storico per gli Stati Uniti d’America, Israele e il mondo”, ha esultato in un altro post. Poche ore dopo ha parlato alla nazione dalla Casa Bianca, accanto al suo vice J.D. Vance, al segretario di Stato Marco Rubio e al capo del Pentagono Pete Hegseth, che terrà una conferenza stampa oggi alle 8 locali (le 14 in Italia), insieme ai vertici militari.
Il commander in chief ha parlato per soli tre minuti, con tono serio e solenne. Prima ha fatto il bilancio dell’operazione, assicurando che “i siti nucleari chiave iraniani sono stati completamente e totalmente distrutti” con “massicci attacchi di precisione” in quello che ha definito “uno spettacolare successo militare“. Quindi ha lanciato un nuovo ultimatum a Teheran, affermando che il futuro dell’Iran è “pace o tragedia” e che ci sono molti altri obiettivi che possono essere colpiti dall’esercito americano. “Se la pace non arriva rapidamente, attaccheremo quegli altri obiettivi con precisione, velocità e abilità”, ha minacciato. Poi su Truth ha avvisato la Repubblica islamica che “qualsiasi ritorsione dell’Iran contro gli Stati Uniti sarà contrastata con una forza molto superiore a quella di questa sera”.
Il presidente ha detto anche di aver fatto un “lavoro di squadra” con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che in un videomessaggio si è congratulato per una “decisione coraggiosa che cambierà la storia”. I due leader si sono sentiti prima e dopo i raid americani. Secondo Cbs, sabato gli Stati Uniti avrebbero contattato diplomaticamente l’Iran per assicurare che gli attacchi erano tutti previsti dai piani americani e non mirano ad un cambio di regime.
Nei loro raid gli Usa hanno usato diversi Stealth B-2, che hanno sganciato sei bombe anti-bunker su Fordow, mentre 30 missili Tomahawk sono stati lanciati contro gli altri due siti nucleari. I bombardieri erano decollati sabato dal Missouri ma fonti del Pentagono avevano escluso che fosse stata presa una decisione, puntando sull’effetto sorpresa.
Con la sua mossa Trump rischia ora di farsi trascinare nel conflitto tra Israele e Iran, esponendo alla vendetta di Teheran i 40 mila soldati Usa nella regione, dopo aver rinunciato al proprio tentativo di mediazione, aver scoraggiato quello degli europei e ignorato la linea di Vladimir Putin favorevole al nucleare civile per gli ayatollah. Al Congresso i Dem sono in rivolta per un’azione ritenuta rischiosa e incostituzionale, senza l’autorizzazione della Camera, con Alexandria Ocasio-Cortez che chiede l’impeachment del presidente. Dai repubblicani arriva invece un vasto consenso, mentre anche la base Maga sembra allinearsi. Tra le prime reazioni internazionali, quella del segretario generale dell’Onu, António Guterres: una “pericolosa escalation in una regione già sull’orlo del baratro“.