Diabete e diseguaglianze, la Calabria è da record

Stili di vita sbagliati, svantaggio socioeconomico, alta incidenza di obesità giovanile, sedentarietà e scarsa propensione alla prevenzione e all’attività fisica regolare. Sono questi alcuni dei fattori di rischio che spiegano l’elevata incidenza e prevalenza del diabete in Campania, in un Sud dove si registra un aumento generale dei nuovi casi annuali di malattia rispetto al Centro-Nord, in un contesto di pandemia che ha ha fortemente influenzato l’accesso alle cure solo parzialmente mitigate dall’utilizzo della Telemedicina.

Il diabete è una malattia cronica che quindi, per definizione, non si cura ma che se diagnosticata in tempo e trattata adeguatamente può evitare di dar luogo a processi patologici che colpiscono tutti gli organi e apparati. È quanto emerge da un focus sulla pandemia del diabete promosso a Napoli da Motore Sanità con il contributo non condizionante del gruppo Menarini e Guidotti. All’evento hanno partecipato i consiglieri regionali Diego Venanzoni e Giovanni Porcelli, Stefano Masi, presidente AMD Campania (Associazione diabetologi), Vincenzo Guardasole, Vicepresidente AMD Regione Campania e professore della Federico II, Giovanni Annuzzi, associato in Scienze tecniche dietetiche applicate Federico II, Giuseppe Bellastella, Presidente Sid Campania, Augusto Benini, Presidente Fand Associazione Italiana Diabetici, Massimo Di Gennaro, responsabile Soresa, Matteo Larynge presidente Simg Campania Massimo Liguori, direttore diabetologia del Cardarelli, Paola Pisanti, consulente del Ministero della Salute, Luigi Sparano , segretario provinciale Fimmg e Tiziana Spinosa, dirigente del Distretto 25, referente del Centro Diabetologia ASL Napoli 1.
“Negli ultimi anni la Campania ha messo in campo una complessa rete di centri multispecialistici pubblici e accreditati per la cura del diabete che hanno ridotto le conseguenze a lungo termine della patologia – ha sottolineato Diego Venanzoni – ma occorre migliorare l’accesso alle visite e controlli puntando su ordini del giorno dedicati piuttosto che sulla Coppa unica e su questo aspetto lavoreremo in Consiglio”. “La suddivisione della rete diabetologica campana in centri di primo, secondo e terzo livello – ha aggiunto Massimo Liguori del Cardarelli – ha permesso di ridurre il ricorso alle amputazioni maggiori ma essendo il diabete una malattia cronica occorre lavorare sulla prevenzione e sull’aderenza alle terapie per ridurre le conseguenze e a lungo termine”. “Trattamento tempestivo con i nuovi farmaci ipoglicemizzanti, che spetta anche al medico di base poter prescrivere – ha aggiunto Luigi Sparano, segretario provinciale di Napoli della Fimmg – insieme all’aderenza alla terapia e alla gestione multidisciplinare ai diversi livelli di cura insieme uno stile di vita sano e una corretta alimentazione permettono di dare al malato di diabete le stesse opportunità di salute di una persona sana, evitando postumi, morti evitabili, ictus, infarti, danni retinici, amputazioni importanti”. Basti pensare che la riduzione dell’aspettativa di vita in una persona con diabete non adeguatamente trattato è di circa 7-8 anni.
Nell’ultimo decennio il panorama terapeutico si è notevolmente arricchito di opzioni terapeutiche efficaci. Gli inibitori SGLT2 (o gliflozine) approvati in Italia per il trattamento del diabete di tipo 2 con un’unica somministrazione giornaliera sono in grado di ridurre il peso corporeo, la pressione arteriosa e la rigidità vascolare, migliorando la funzionalità renale e con effetti positivi su molti fattori di rischio cardiovascolare nei diabetici pazienti.
“Il 60% della mortalità per malattie cardiovascolari è associata al diabete – ha sottolineato Stefano Masi, il 38% dei malati ha insufficienza renale (può portare alla dialisi), il 22% ha a che fare con retinopatia, il 3% ha problemi agli arti inferiori e ai piedi ( malattia arteriosa ostruttiva)”. Una patologia, il diabete, che colpisce il 32% dei soggetti in età lavorativa (20-64 anni) con una prevalenza del 10% tra le persone 50-69 anni e che da sola assorbe l’8% del budget per la sanità e che in Italia provoca oltre 9,25 miliardi di costi diretti (circa un miliardo in Campania) a cui vanno aggiunti almeno altrettanti costi indiretti) per un valore di circa 2.800 euro a paziente (il doppio di quello speso per la cura dei pazienti non diabetici). Ma il 90% dei costi sono imputabili a complicanze e comorbilità, mentre solo il 10% viene assorbito dalla gestione del problema metabolico.
Nel diabete di tipo 2 raramente è possibile raggiungere il target glicemico indicato dalle linee guida con la sola modifica dello stile di vita e diventa necessario il ricorso a terapie con nuovi ipoglicemizzanti orali che, secondo le più recenti linee guida nazionali, rappresentano uno strumento efficace nella prevenzione delle complicanze a lungo termine e di ridurre i costi legati alla gestione delle conseguenze cliniche grazie ai documentati effetti protettivi cardiovascolari, in particolare nei confronti dello scompenso cardiaco.
*I RISCHI Il diabete aumenta di 4 volte il rischio di sviluppare un ictus (un trattamento efficace lo riduce di un terzo), aumenta il rischio di infarto del 300% e quello di malattie cardiache di 4 volte (un trattamento efficace lo riduce del 50%) ). La malattia diabetica è anche la principale causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori, è una delle principali cause di cecità, triplica l’incidenza di insufficienza renale grave dove un trattamento efficace riduce del 50% il rischio di sviluppare gravi complicanze cardiovascolari che rappresentano la principale causa di morte. I tassi di mortalità standardizzati per età, dopo i 65 anni per 10mila residenti, vedono un record anche al Sud dove però le politiche di contenimento e gestione hanno ridotto, negli ultimi 5 anni, le amputazioni maggiori degli arti inferiori. Il diabete aumenta nelle fasce di età più anziane e con livelli di istruzione più bassi e in Campania è correlato ai tassi di sovrappeso, obesità e obesità grave più alti del Paese (il 25,4% della popolazione è in sovrappeso e il 18,8% è obeso con un record in Europa per l’obesità infantile) ).
Una malattia complessa, eterogenea, sistemica e multiorgano, cronica (non guarisce) e costosa in termini di cure e implicazioni sociali (disabilità e perdita del lavoro), se non adeguatamente trattata, compromette l’intero corso della vita.