enzo colonna 2L'AMORE DI CARAVAGGIO PER NAPOLI, UN TOUR DEDICATO

Un artista irascibile, violento nella vita quanto riflessivo nella sua arte. Sulle sue tele, la famosa luce che illuminava solo le parti che riteneva di dover illuminare per dare importanza e significato. Come un fotografo che sul set aiuta il regista a scegliere le luci, gli angoli, le inquadrature, le scene migliori. Caravaggio è uno dei più importanti pittori a livello mondiale e Napoli rappresentò una tappa fondamentale. Ci visse 18 mesi tra il 1606 e il 1610 e dipinse parecchio: almeno una ventina di tele, oggi suddivise tra grandi musei: dal Metropolitan di New York alla National Gallery di Londra, al Louvre di Parigi. A Napoli, restano tre dipinti del Caravaggio che da sole meritano un viaggio in città: Il Martirio di Sant’Orsola; La Flagellazione di Cristo; Le sette opere di Misericordia. Dislocate in punti diversi della città, andarle ad ammirare è un interessante percorso anche attraverso i luoghi in cui il Caravaggio visse in città.  Un tour così siffatto:

  • quartieri spagnoli
  • Vico del Cerriglio – Via Sedile di Porto
  • Pallazzo Cellamare- via Chiaia
  • Galleria di Palazzo Zevallos, Via Toledo - Martirio di Sant’Orsola –
  • Pio Monte di Misericordia, Via Tribunali - Sette opere di Misericordia-
  • Museo di Capodimonte - Flagellazione di Cristo –
Ai quartieri Spagnoli, la grande arteria di via Toledo realizzata a inizio ‘500 dal viceré spagnolo Don Pedro di Toledo, il Merisi rimase per circa un anno. A quel  tempo la zona non era molto sicura  e non a caso, realizzò opere con le facce e i corpi di quell’umanità dolente che divideva con lui quei vicoli malfamati. Santi, madonne e angeli con il volto del popolo come ad esempio le “Sette Opere della Misericordia” e la “Flagellazione di Cristo”. Il pittore a cena era solito frequentare la Locanda del Cerriglio al vico Cerriglio, uno dei posti più suggestivi della città, 100 metri da Piazza Borsa, forse il vicolo più stretto di Napoli, che nel seicento era frequentato da marinai. Fu proprio qui che avvenne l’aggressione al pittore nel 1609, ridotto in fin di vita. A ricordo sui muri del vicolo vi è  appesa una lapide. Ancora oggi è possibile visitare il  locale che offre un’ottima cucina.
L’altro luogo dove il Caravaggio soggiornò fu Palazzo Cellamare, antico palazzo nobiliare nel quartiere San Ferdinando, dove vissero anche Casanova, Goethe. Il Merisi qui tra l’ottobre 1609  e luglio 1610, fu ospite della marchesa Costanza Colonna Carafa. Dipinse tre tele per la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi, poi perdute per il terremoto del 1805 ed il quadro incompiuto de il “Martirio di Sant’Orsola”.  
Le tre grandi opere del Caravaggio napoletano sono dislocate a Palazzo Zevallos Stigliano, al Museo di Capodimonte e al Pio Monte di Misericordia.
A Palazzo Zevallos Stigliano, in via Toledo, il “Martirio di Sant’Orsola” dipinto nel 1610, commissionato dal banchiere genovese Marcantonio Doria, la cui famiglia aveva per protettrice proprio Sant’Orsola. Caravaggio mette in risalto la santa ponendo l’illuminazione direttamente su di lei e dipingendola con la carnagione più chiara rispetto agli altri personaggi, alludendo alla morte imminente della donna. In pochi dipinti si avverte così forte la presenza del male e della morte e del destino ineluttabile. Orsola sarà la martire e Attila il carnefice. Per sempre.
Al Museo di Capodimonte andiamo a vedere “La Flagellazione di Cristo”, del 1607, commissionato da Tommaso De Franchis, per adornare la cappella di famiglia a di San Domenico Maggiore. Un quadro famoso per quella luce che illumina solo il corpo del Cristo mentre tutto il resto è nell’ombra come a voler dire solo Gesù è nel giusto, mentre gli uomini, stanno sbagliando.
Infine andiamo in Via dei Tribunali al Pio Monte della Misericordia a goderci “Le sette opere di Misericordia” realizzato tra la fine del 1606 e l’inizio del 1607 su incarico della Congregazione del Pio Monte della Misericordia per volere di Luigi Carafa-Colonna, la cui famiglia protesse Caravaggio nella sua fuga da Roma. Un dipinto emozionante, bellissimo che aprì la nuova stagione seicentesca del naturalismo a Napoli e soprattutto un quadro che manifesta il sentimento di comprensione e di compassione che rende partecipi delle sofferenze altrui,  in una totalità di amore e di dolore.
 
*docente di marketing turistico e local develompment