Erika Lauro – MediumErika Lauro, Senior Product e Strategic Designer, è stata chiamata, dall’ottobre 2019, a collaborare nel team della digital experience di Zalando, presso il quartier generale della prestigiosa azienda, a Berlino, la città più creativa e cosmopolita del mondo.

Zalando è leader nell’e-commerce di fashion in Europa ed offre ogni giorno esperienze uniche di shopping online a circa 20 milioni di clienti. Un punto di arrivo per Erika Lauro: far parte di una delle aziende tecnologiche di maggior rilevanza in Europa, caratterizzata dalla presenza di alte professionalità del settore.

Erika Lauro, romana di origini sorrentine, plurilingue, ha 30 anni. Si è formata, dopo la maturità scientifica, a Roma, presso l’Istituto Europeo di Design (in Industrial Design), a Milano con un Master presso il Politecnico (in Strategic Design) e in Inghilterra (Kent)  presso l’University for the Creative Arts. Ha iniziato il suo percorso professionale a Milano presso agenzie specializzate, come Publicis e Carmi&Ubertis, e, successivamente, ad Amsterdam, presso AKQA, prima di approdare nella capitale tedesca. 

Abbiamo approfondito, con Erika, il ruolo del design strategico in generale e, in particolare, il rapporto di questo importante (e sconosciuto ai più!) settore di attività con il mondo del luxury, in un momento di attesa ripresa del settore.

Erika, ci puoi spiegare cos’è il design strategico?

Soltanto da pochi anni il design strategico è stato definito come ambito disciplinare specifico della progettazione per l’industria e, quindi, del design. Cioè come una attività strumentale al successo d’impresa, dotata di uno specifico apparato teorico e scientifico, nonché delle necessarie strutture formative dedicate. La sua mission o, meglio, il suo obiettivo specifico? Lavorare su visioni di sistema, che, a loro volta, hanno la possibilità di generare soluzioni inedite di innovazione.

Ci puoi indicare quali capacità necessitano ad una professionalità così vitale per il futuro di un’azienda? 

Si tratta di capacità che coinvolgono ambiti specifici, professionali e psicologici, che devono interagire tra di loro: dall’economia alla tecnologia, dalla cultura alla curiosità intellettuale, capace quest’ultima di cogliere continuamente stimoli da una realtà in continuo movimento, senza escludere il sentimento della bellezza, l’amore per l’arte, il gusto e, tout court, la creatività. Una visione empatica del mondo e dell’uomo in grado di progettare nuove esperienze che migliorino la qualità della vita delle persone.

In che modo  queste capacità professionali, del tutto affini al mondo del luxury, possono incidere sulle scelte dei vertici aziendali?

Negli ultimi anni, queste capacità sono diventate necessarie al management d’impresa per interpretare la complessità dei mercati e le esigenze sempre più sofisticate dei consumatori, consentendo di realizzare ‘visioni’ più ardite e insieme più apprezzate innovazioni di sistema. Per elaborare strategie d’innovazione, da sottoporre ai vertici aziendali,  il designer strategico deve indagare tutti i principali fattori economici, tecnologici e culturali che implicano cambiamenti nella società e nell’agire dell’impresa. Da queste indagini deve ricavare gli incentivi idonei per la produzione di idee socialmente ed economicamente sostenibili. 

La sostenibilità economica è la base di uno sviluppo sostenibile. La visione di una crescita economica deve ormai necessariamente accompagnarsi al rispetto dell’ecosistema. La sostenibilità rappresenta il futuro dell’economia, della produzione, del mondo e, detto senza enfasi, dell’umanità. L’attuale pandemia da Covid-19 potrebbe essere il momento di svolta anche per il settore del lusso e del fashion. Mi pare che anche questo magazine sia già orientato nella direzione green.

Certamente e grazie per la cortese sottolineatura. Tornando alle prevedibili curiosità dei nostri lettori: che tipo di percorso formativo è consigliabile per diventare un professionista di questo settore?

Sebbene riguardi una figura professionale del tutto nuova, sono già disponibili e riconosciuti diversi percorsi accademici di livello internazionale. Il più consolidato? Bisogna partire da un background in architettura o in disegno industriale per, successivamente, specializzarsi con un master in Service Design o Experience Design. Altrettanto comune è poter decollare da un background di Business, cercando di trasformare le logiche economiche in progetti di design. Senza, tuttavia, mai rinunziare alla curiosità intellettuale e al senso del bello. Un continuo arricchimento culturale, per questa professione, diventa essenziale, oserei dire decisivo.

Una prospettiva professionale molto molto intrigante!  Nell’operatività concreta, che ruolo uno strategic designer riveste all’interno di un team aziendale?

Si occupa di creare le fondamenta del progetto. Si interfaccia, per questo,  con molti stakeholders al fine di individuare le vere necessità degli utenti finali del prodotto o del servizio. Sulla base di  queste direttrici definisce le roadmap per la realizzazione dei progetti.

Ho compreso le affinità esistenti tra il designer strategico, l’innovazione e il cambiamento. In che misura questa nuova professionalità potrà contribuire alla sfida che il management aziendale del fashion e del lusso, mondo al quale questo magazine è legato, avrà di fronte, dopo l’uragano del Covid-19? The challenge of changement?

Questa sfida epocale, a mio giudizio,  riguarderà tutto il mondo dell’economia, della produzione, della commercializzazione, del marketing, della comunicazione e della stessa organizzazione sociale, nonché i bisogni individuali e i consumi. Basti immaginare come lo smart working da emergenziale necessità, diventerà virtù, modificando dalle fondamenta l’organizzazione del lavoro, la vita domestica e la mobilità sul territorio urbano, tra centro e periferia. La pandemia di un piccolo virus, ancorché devastante, determinerà una nuova rivoluzione, a livello globale, più incisiva di quella prodotta dalla scoperta del nuovo mondo, dall’invenzione della stampa o dal motore a scoppio. Questa nuova rivoluzione, che provo a definire della sostenibilità, avrà come alleata l’era digitale, nella quale siamo entrati. Tra tutti i settori che dovranno affrontare questa sfida, il mondo del fashion e del lusso sarà in trincea, in prima linea, nell’affrontare il cambiamento.

Un mondo che, secondo lei, rischia di scomparire? 

Scomparirà del tutto il vecchio, soltanto se non saprà aggiornarsi. Il fondamento del nuovo sarà la sostenibilità, come quello delle energie pulite che stanno sostituendo progressivamente le inquinanti. Oggi siamo di fronte ad un’accelerazione pazzesca, in tutti i campi, indotta dalla pandemia, perché nulla sarà più come prima. Il fashion e il lusso non saranno mai sepolti, perché il desiderio di ben vestirsi, di godere di beni che incarnano la bellezza, di curare la propria persona, di acquistare un profumo o di arredare la propria casa, non scomparirà. Questi settori, tuttavia, per non soccombere, dovranno fare i conti, e rapidamente, con la sfida della sostenibilità: nella creatività, nell’impiego delle materie prime, nella tutela delle risorse naturali, nella comunicazione e nel marketing. E ai nuovi arrivati, gli strategic designer, spetterà di indagare, tempestivamente, sui nuovi bisogni, da ora più esigenti, dei potenziali acquirenti del fashion e del lusso, tracciando le strategie nuove da offrire al management aziendale per la produzione di nuovi beni e di nuovi servizi, che abbiano come premessa e come fine uno sviluppo sostenibile.

Se questo cambiamento sarà attuato, si può prevedere, per questo mondo, un nuovo rinascimento, anche del Made in Italy? Un futuro positivo?

Ne sono fermamente convinta. La storia insegna che, dopo le grandi epidemie, le catastrofi naturali e le guerre, esplodono nei superstiti, dopo il lezzo della morte, il regno della paura e l’assedio dell’ansia: un nuovo desiderio di vita, il bisogno di inventarsi il futuro, la ricerca della bellezza, l’amore per le cose belle e, perché no, l’eros. A questo rinascimento,  prossimo futuro, gli strategic designer daranno il loro contributo, convinti che, con uno sviluppo sostenibile, anche il mondo del fashion e del lusso tornerà a risplendere di nuova luce. E a (ri)fare business!