
Domenica 21 dicembre, alle ore 11.30, nel teatro di corte del Castello medievale di Rocca d’Evandro (Caserta), sarà inaugurata la mostra personale di Italo Bressan dal titolo Matissiana, allestita nelle sale del museo MaRƎ. A inaugurare l’esposizione sarà la sindaca Emilia Delli Colli.
Curata da Massimo Bignardi in collaborazione con Franco Marrocco, la mostra propone quindici tele realizzate dall’artista trentino negli ultimi anni, offrendo al pubblico un percorso pittorico centrato sulla forza espressiva del colore e sulla sua capacità di restituire stati emozionali senza mediazioni concettuali. La mostra resterà aperta fino al 9 marzo 2026.
“Siamo ancora qua, recita la canzone. Lo siano – afferma la sindaca Delli Colli – convinti di aver avviato, con le mostre precedenti di Marrocco, La Pietra, Raciti, Arcangelo, nomi significativi della scena artistica nazionale e internazionale, un processo irreversibile di crescita della nostra comunità. Possiamo dire, a un anno della sua inaugurazione che il Museo d’Arte di Rocca d’Evandro e, in particolarmente la Collezione d’Arte Contemporanea, ha dato e dà grandi risultati. Siamo grati agli artisti, al Maestro Bressan, ai collaboratori tutti, per l’impegno e, soprattutto, perché credete in un progetto che guarda a nuovi giorni”.
“Il tema centrale, come recita il titolo – precisa il curatore Bignardi – guarda al colore, alle sue capacità di tradurre, senza mediazioni concettuali, l’essenza di stati emozionali, quei tracciati che toccano corde profonde della psiche. Sono larghe, avvolgenti, irregolari campiture che, nell’equilibrio dei contrasti, esprimono la varietà luminosa, definendo minimi passaggi, in cerca di un accordo. Le quindici opere proposte in questa mostra, evidenziano un ulteriore passaggio dell’artista trentino, verso un processo di definizione dei contrasti, ossia di tendere a una maggiore luminosità degli accordi cromatici. La pittura, scriveva Matisse, non dà luce e «vi ci vuole la combinazione di colori appropriata».
Un indirizzo che Italo ha fatto suo rischiarando la tavolozza, com’è per Corto Maltese, ove l’arancio accende maggiormente la luminosità del giallo, mettendo a fuoco la superfice, diversamente da quanto registravamo in dipinti precedenti. Il richiamo va, per esempio a Cantos, del 2014 oppure a Il colore del vento, dello stesso anno. In queste recenti esperienze, penso che abbia voluto riprendere una riflessione sulla qualità luminosa, avviata con il ciclo Dal regno delle ombre del 2010. In quelle opere era il nero (con leggerissime, impalpabili venature di blu) a determinare il gradiente di luminosità in rapporto alle piccole aperture dettate da tocchi o ‘sbavature’ laterali di colori chiari. Ora le larghe campiture di colore danno forza a quel lato espressivo che, senza interferenze del pensiero, restituisce il silenzio che è proprio di un’opera d’arte. I dipinti, scrive John Berger, «sono muti e immobili in un senso che è del tutto estraneo all’informazione».

