Forte scossa di terremoto di magnitudo 7 in Marocco: distruzione e vittime.  Il ministro dell'Interno: “Le vittime sono 300” - La Stampa

La notte, dormono dove capita. In macchina, se ce l’hanno. Nella Place centrale, se trovano posto. Sui marciapiedi davanti al Royal Tennis Club, se glielo permettono. Se ne vanno i turisti, spaventati dalla seconda scossa della domenica mattina, 3.9 scala Richter, e a Marrakech rimangono gli accampati: 300 mila persone ancora sotto choc, che non se la sentono di rientrare nelle case crepate.

Questa parte di Marocco passa la terza notte senza tetto, mentre tutto il Paese si ferma per i tre giorni di lutto proclamati da re Mohammed VI e nelle zone più disastrate, i villaggi dell’Atlante, si sopportano i tre giorni di ritardo nei soccorsi. Il Regno s’è chiuso e non accoglie volentieri gli aiuti avanzati dall’estero: sì alla Spagna, alla Gran Bretagna, al Qatar e agli Emirati arabi, no a tutti gli altri. «Facciamo da soli, shukran». Anche se ci sono più di 100 task-force e 3.500 soccorritori pronti a partire dagli Usa e dal Kuwait, dalla Turchia e da Israele, dall’Italia e da Taiwan, dalla Svizzera e perfino dall’Iraq e dall’odiata Algeria. Il segretario di Stato americano Blinken e il presidente turco Erdogan hanno ripetuto l’offerta, ma nessuna risposta è arrivata da Rabat. Ovviamente non s’accetta nulla dalla Francia, l’ex padrona, che pure ha perso quattro turisti nel terremoto: «Normalmente — si stupiscono da un’ong parigina, Ssf —, un’ora dopo il sisma, avremmo preso un aereo che decollava da Orly. Invece non abbiamo ancora l’ok del governo marocchino». Salvare le persone ancora sepolte è una corsa contro il tempo, dice la Mezzaluna Rossa, eppure non si capisce come: nelle zone rurali, i soccorsi non si vedono e i 2.122 morti finora accertati diventeranno, con le ore, sempre di più. Non esiste una stima dei dispersi. E il governo si riunirà in sessione straordinaria, per coordinare gl’interventi, solo questa mattina: sessanta ore dopo il disastro. Di lavoro ce n’è, e non solo umanitario. La risorsa principale, il turismo, quest’anno era cresciuta del 92% e le preoccupazioni sono molte: gioielli come la millenaria moschea di Tinmel, celebre scuola coranica, è ridotta a una rovina. E interventi urgenti richiedono le mura di Marrakech, il minareto-simbolo di Koutoubia, la moschea di Kharbouch che s’affaccia sulla Place, l’antico quartiere ebraico di Mezlah… Re M6, rientrato venerdì notte da Parigi, in un appello pubblico ha chiesto ai marocchini di pregare, come s’è già fatto per la siccità. Gli hanno obbedito, perché in Marocco non si può fare altrimenti. Però a denti stretti, stavolta: fìdati di Allah, dice un proverbio berbero, ma prima lega per bene il tuo cammello.

(Corriere della Sera)