di Clementina Leone
Ogni giorno celebriamo giornate mondiali dedicate a tematiche importanti, dimenticando di fare un tuffo nel passato attraverso la vita e le opere dei "Grandi Nomi" che hanno fatto parte della storia, per capire meglio il presente.
Il 15 ottobre del 70 a.C. a Andes, un villaggio della Gallia Cisalpina nei pressi di Mantova, nacque Publio Virgilio Marone. Lo stesso, fin da ragazzo sogna di diventare avvocato, e dopo aver ottenuto la toga virile presso la scuola di grammatica di Cremona decide, quindi, di studiare retorica a Milano e l’arte dell’eloquenza a Roma. La sua vita, però, è destinata a prendere una piega diversa, e Virgilio se ne accorge in due precisi momenti. Il primo: quando non riesce ad aprire bocca durante il suo primo discorso pubblico, per via della sua timidezza e di alcuni difetti di pronuncia che lo imbarazzano. Il secondo: quando, nel 42 a.C., gran parte dei suoi terreni familiari vengono confiscati, per essere offerti in ricompensa ai veterani della battaglia di Filippi. Publio Virgilio Marone considerato uno dei massimi poeti dell’antica Roma, è stato testimone di alcuni cambiamenti cruciali nella storia dell’impero, e nelle sue opere ha dimostrato non solo di saper cogliere la sensibilità del suo tempo, ma anche di possedere una profonda conoscenza della retorica e dell’animo umano. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se proprio la sua figura è riuscita a ispirare nei secoli scrittori e filosofi, diventando oggetto di studio che lo hanno reso a tutti gli effetti immortale. Tanti i suoi componimenti fino ad arrivare all’Eneide che il poeta nelle sue ultime volontà, ordinò di dare alle fiamme. Gli amici a cui affida l’incarico, Vario e Tucca, decidono invece di consegnare l’opera a Ottaviano, che dopo avere affidato proprio a loro le ultime correzioni decide finalmente di pubblicarla. Rispetto all’epica greca, Virgilio nella sua opera compie delle scelte diverse: dal punto di vista della lingua, infatti, opta per una contaminazione di generi e stili, mentre dal punto di vista contenutistico i Greci diventano qui i nemici, pur mantenendo il rispetto dei Romani essendo considerati i precursori della civiltà latina. Il protagonista è spesso guidato dalla sua pietas, un valore tutto romano che lo rende compassionevole nei confronti della sofferenza umana, triste e lacerato nell’animo, e sempre capace di stabilire da solo come comportarsi sulla base dei suoi ideali, a differenza degli eroi greci in balia degli dèi e del Fato. Al di là dell’attenzione che gli riserva la già citata tradizione cristiana, infatti, a partire dall’Alto Medioevo la forma e i temi affrontati dall’autore si rivelano un modello di riferimento quasi mitologico, ispirando autori del calibro di Francesco Petrarca (1304-1374), Ludovico Ariosto (1474-1533) e Torquato Tasso (1544-1595). Ma non finisce qui, emblematica della sua considerazione fra il Medioevo e il Rinascimento è specialmente la scelta di Dante Alighieri (1265-1321), ritenuto il padre della lingua italiana, di fare proprio di Virgilio la sua guida nel viaggio allegorico che compie nella Divina Commedia attraverso l’Inferno, il Purgatorio e poi (stavolta in compagnia di Beatrice) nel Paradiso, cantiche composte rispettivamente in stile basso, medio e alto al pari delle Bucoliche, delle Georgiche e dell’Eneide. L'importanza di Virgilio oggi risiede nella sua influenza duratura sulla letteratura, nella sua rilevanza come simbolo della ragione umana e del potenziale umano, e nella sua maestria linguistica e artistica. La sua opera, in particolare l'Eneide, continua a essere studiata e ammirata per la sua profondità tematica e la sua bellezza formale, che ne fanno un modello di poesia riflessiva ma anche potentemente evocativa. La sua influenza si estende fino alla Divina Commedia, dove è la guida di Dante, incarnando la ragione naturale che aiuta a navigare nelle complessità dell'esistenza.