Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

Stampa
Visite: 84

La Parrocchia di Sant’Alfonso a Cava de’ Tirreni ha accolto, nella serata del 23 novembre, una partecipazione sorprendentemente numerosa.

Fedeli, amici, sostenitori, membri della comunità ecclesiale e tante persone che hanno conosciuto, stimato o semplicemente sentito parlare di don Giovanni Bertella hanno riempito la sala con un calore che ha reso la presentazione del libro “Non cenere. Scintille. Don Giovanni Bertella, una vita con Dio e per Cetara” un momento di grande intensità emotiva e spirituale.

L’incontro è stato aperto dal dottor Mario Salzano, presidente dell’AMCI Cava–Amalfi. Con parole misurate e profonde, ha ricordato quanto sia preziosa la presenza di don Gioacchino Lanzillo come assistente spirituale dell’associazione, sottolineando il valore del suo impegno pastorale e l’importanza di un’opera che nasce non per celebrare, ma per custodire memoria viva. A impreziosire la serata è intervenuto anche il diacono Angelo Di Mauro, dell’Arcidiocesi di Amalfi–Cava, che ha portato la sua testimonianza personale. Le sue parole, dense di stima e affetto, hanno aggiunto uno sguardo ulteriore sulla figura di don Bertella, unendo ministero e umanità, spiritualità e quotidianità. Poi la voce di don Gioacchino ha accompagnato una sala gremita in un viaggio affettuoso dentro la vita di suo zio. Ha raccontato un uomo che non ha vissuto per sé stesso, che ha fatto della semplicità un cammino e dell’umiltà un linguaggio. Un sacerdote che ha saputo ascoltare più che parlare, attendere più che pretendere, accompagnare senza invadere. I presenti hanno ascoltato in silenzio, come si ascolta un ricordo che appartiene un po’ a tutti. Tra i momenti più toccanti, la memoria del 12 ottobre 2005, giorno della morte di don Bertella. Don Gioacchino ha raccontato come, durante la vestizione, si scoprì che nessuna delle scarpe che possedeva poteva davvero appartenergli: erano tutte doni dei fedeli, quasi sempre della taglia sbagliata. E lui, senza mai lamentarsi, le aveva indossate per anni solo per dare gioia a chi gliele offriva. La sala, colma di persone, ha accolto questo dettaglio con una commozione palpabile: in quelle scarpe c’era tutta la sua umiltà, la sua capacità di volerbene senza far rumore, il suo modo disarmante di essere vicino agli altri. Uno dei momenti più intensi della serata è stata la lettura dell’ultima lettera che don Bertella scrisse il 23 settembre 2005 all’arcivescovo Orazio Soricelli. Una lettera che don Gioacchino ha custodito con pudore, nella quale suo zio, con la sua voce più fragile, chiedeva un aiuto pastorale a causa della salute ormai compromessa e suggeriva l’affiancamento del nipote. Nella stessa lettera, don Giovanni esprimeva gratitudine profonda per il sostegno ricevuto da don Gioacchino, riconoscendone la dedizione e la presenza discreta. Una sala piena fino all’ultima fila ha ascoltato queste parole come un testamento di amore, di fede e di responsabilità. La serata ha mostrato anche la generosità con cui don Bertella ha scelto di destinare ciò che possedeva: un gesto significativo per la diocesi, un aiuto concreto alla sua parrocchia, un atto di rispetto verso la memoria del suo predecessore don Giovanni Campagna e un abbraccio affettuoso ai nipoti. Non le cifre, ma lo spirito dei gesti ha colpito i presenti: un modo di congedarsi che rispecchia pienamente ciò che è stata la sua vita. Il clima dell’incontro è rimasto costantemente caloroso, segnato dalla presenza viva della comunità. Molti fedeli hanno voluto essere lì, non per un evento mondano, ma per riconoscenza. C’era chi aveva conosciuto don Bertella da bambino, chi lo aveva incontrato nei momenti difficili, chi ne aveva ascoltato l’omelia più semplice o ricevuto un sorriso che non si è mai dimenticato. Questa coralità discreta, fatta di volti e di ricordi, ha reso la serata un grande atto collettivo di affetto. La conclusione della presentazione ha trovato naturale eco nel messaggio finale del libro. Don Gioacchino ricorda che il cuore dell’eredità di suo zio non è fatto di grandi imprese, ma di piccoli gesti fatti con grande amore. Un invito che risuona forte: non trasformare la memoria in cenere, ma in scintille. E così è stata questa serata: una stanza piena di persone, un silenzio che ascoltava, un ricordo che non si spegne, una luce che continua a brillare. Don Giovanni Bertella resta vivo nelle strade di Cetara, nei volti di chi lo ha amato e nelle pagine che ora custodiscono la sua storia.

Autenticati