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di AMEDEO FANTACCIONE

Lo scorso campionato in tanti ci eravamo accorti che lo "svogliato" e, in alune circostanze "assente" tecnico del Napoli, Carlo Ancelotti, sembrava assumere un atteggiamento troppo sufficiente per poter effettivamente tenere il timone, da degno nocchiero, della squadra che aveva osato sfidare i poteri forti del calcio ed aveva intenzione di compiere il miracolo calcistico di scalzare la Juventus e tutti i suoi apparati dal tetto dell'Italia del pallone.

Il tecnico è apparso indolente, abulico e stanco; spinto più dal "dovere" che dal "piacere" di essere al comando di quella corazzata che la stagione precedente era stata guidata da un personaggio che, invece, sembrava aver dato anima e corpo al progetto Napoli fino al punto da far credere a tutti di avere dei conti "personali" in sospeso con il Palazzo del calcio e con la vecchia Signora che dominava e gestiva (come del resto fa ancora oggi) il centro del potere economico-calcistico del bel Paese. Dunque il Carletto super titolato, che era andato in giro per l'Europa a raccattare trofei, a molti appariva come un vecchio condottiero approdato sulle sponde dell'antica Partenope in cerca di un attracco sereno dove cominciare ad affrontare senza grossi scossoni il viale del tramonto, cercando di lanciare nella bolgia di soldi e notorietà l'amato figlio, a cui la natura non aveva regalato i piedi buoni e il talento calcistico del padre. Quelle che dodici mesi fa sembravano sensazioni, nelle ultime settimane si sono rivelate realtà incofutabili e neppure tanto nascoste. Dall'alto del suo "medagliere" Ancelotti continua ad essere una bandiera e interpreta a dovere il ruolo di "parafulmine" per cui l'aveva scritturato il cineasta Aurelio De Laurentiis, all'indomani del divorzio dal tecnico di Figline Val d'Arno. La storia recente parla anche di un tecnico poco attento al mercato, all'incontrario di Benitez che portò con se alcune pedine importanti come Reina, Albiol, Calleion e Lopez. Carletto pare abbia voluto fortemente il giovane messicano Lozano, unico suo suggerimento sul mercato... Lasciamo ai lettori ogni giudizio su questo calciatore, che a nostro modestissimo avviso, troverebbe poco spazio anche in compagini del campionato cadetto. Ma non vogliamo, con questo nostro umile commento, aggiungerci alla schiera di tecnici e pseudo tali che in questi giorni, su tutti i mezzi di comunicazione, sciorinano il loro sapere di calcio disegnando moduli e indicando vie maestre per risolvere l'evidente e, forse, irreversibile, crisi del club calcistico più amato all'ombra del Vesuvio. Noi vogliamo rappresentare la delusione e il disagio di vedere veterani assetati di solo denaro sedere sulla panchina che fu di Ottavio Bianchi, di Bruno Pesaola, di Marcello Lippi, di Louis Vinicio, ma anche di Walter Mazzarri e Maurizio Sarri. Il Napoli, ma soprattutto i suoi tifosi, hanno bisogno di sentirsi guidati da uomini coriacei, sanguignei, pronti a gettare il cuore oltre l'ostacolo, a mostrare di non arrendersi mai, anche se si tratta soltanto di finzione cinematografica. Spesso, a furia di fingere, ci si ritrova, per magia, nella parte. De Laurentiis queste cose le conosce bene. Crediamo, dunque che sia tempo di cambiare gli attori. Così il ciak non è più credibile. La farsa calcistica targata Filmauro non resta coinvolgente e finanche i torti arbitrali e la malasorte non reggono come validi alibi agli occhi dei tifosi che si sentono alla deriva. Si badi bene l'amarezza non nasce per la mancanza di vittorie, il popolo napoletano è abituato alle sconfitte, nel calcio e nella vita. La mestizia arriva dagli atteggiamenti rinunciatari e remissivi del tecnico, trasmessi anche a calciatori che fino ad una ventina di mesi fa sembravano baluardi invalicabili per gli avversari. Non crediamo a manovre oscure e a complotti. Sappiamo bene che il calcio è diventato un enorme carrozzone che trova la sua cinetica esclusivamente nel denaro, dove sentimentalismi e passione campanilistica restano solo come coreografia. Per questo motivo suggeriamo a De Laurentiis di cambiare l'attore protagonista. Carletto Ancelotti non è un bravo attore, non arringa la folla, non motiva la sua raffazzonata banda di mercenari. Ha fatto comprendere a tutti, ormai, che da buon padre di famiglia, cerca un lavoro per il figlio, prima di ritirarsi nella tranquilla e sconfinata campagna canadese. Non riesce a nascondere che siede su quella panchina infuocata perchè De Laurentiis gli ha dato assicurazioni sulla panchina del Bari, che aspetta solo di approdare in serie B, per vedere Ancelotti Junior avere finalmente lo scettro di una squadra tutto per se. L'uomo di Reggiolo è una persona fondamentalmente onesta e sa che il suo bluff a Napoli è naufragato. Così come onesto è il Presidente De Laurentiis che, intelligentemente e da grande imprenditore, è riuscito a guadagnare nel mondo del calcio, dove le passioni sono capaci di svuotare portafogli ben gonfi e la complesità economica ha spaventato finanche i ricchi e spregiudicati investitori d'Oriente. In qualche modo la questione si risolverà. Il Presidente tirerà fuori dal suo cilindro un nuovo effetto speciale, ne siamo sicuri. Restano i tifosi, che sembrano perennemente sul banco degli imputati. Eppure per questa squadra e questi colori soffrono, rischiano, spendono. Li si illude, prima con roboanti acquisti e poi con ambiziosi, quanto improbabili obiettivi, dimenticando che anche i tifosi sono persone oneste, ma soprattutto che loro, i passionari, quelli che seguono il pallone come se fossero catturati da una sfera magica, non ci guadagnano niente, e, soltanto per questo, dovrebbero essere maggiormente rispettati da chi, proprio grazie a questa debolezza psicologica continua a riempire le sue tasche e quelle dei propri rampolli.