
C’è un filo sottile che lega chi ha avuto la fortuna di lavorare con un maestro indimenticabile come Roberto De Simone, fatto di musica, teatro, disciplina, ma anche di amore per la tradizione e un’ironia che sapeva scuotere senza ferire.
Nasce proprio da questo filo Maestro, cantiamo il Nanianà, in scena sabato 27 dicembre 2025 alle ore 19.00 (in replica domenica 28), e dalla necessità di restituire voce e corpo a tutto ciò che De Simone ha insegnato, trasmesso, ispirato.
Presentato da Lab48, sul palcoscenico si ritroveranno Renata Fusco, Gianni Lamagna, Antonella Morea, Anna Spagnuolo, Patrizia Spinosi, interpreti e musicisti che hanno condiviso con lui il lungo cammino della sua arte, insieme a Michele Bonè (chitarra), Gianluca Falasca (violino), Alessandro De Carolis (flauti), Leonardo Massa (violoncello).
Insieme daranno vita a un concerto che non è solo musica, ma anche memoria viva. Ogni nota cantata, ogni gesto sul palco, ogni ripetizione centinaia di volte di un frammento musicale o di una scena, è un modo per ricordare quanto appreso e vissuto accanto a lui.
Il titolo stesso, Nanianà, racchiude la sua poetica: una parola senza senso apparente, un suono che sorregge il canto popolare, una “stroppola”, una “pazziella” che ritorna. Qui diventa simbolo di rinascita, di un tempo che non è mai finito, di un’eredità che continua a vivere ogni volta che viene cantata.
Maestro, cantiamo il Nanianà non è solo un concerto, ma un racconto, un percorso, un viaggio dentro l’arte e la personalità di Roberto De Simone. Dopo la sua scomparsa, il tempo non ha attenuato la sua presenza, al contrario la mancanza si sente più forte, e insieme cresce il desiderio di tenere viva la memoria di un artista che ha influenzato profondamente la musica, il teatro e la cultura popolare di Napoli e della Campania negli ultimi sessant’anni.
Il concerto prende forma come un centone, un mosaico di frammenti della sua opera, della sua inconfondibile personalità e del suo stile unico. Uno stile che gli amici chiamavano affettuosamente “desimoniano”, mentre chi lo ha sempre guardato con diffidenza lo definiva con un sorriso “desimoniaco”. In ogni caso, uno stile che lascia il segno, che divide ma non lascia mai indifferenti.
Maestro, cantiamo il Nanianà è quindi un omaggio che va oltre le parole, un gesto d’affetto, gratitudine e responsabilità. È il modo in cui chi ha avuto la fortuna di imparare da lui può restituire, almeno in parte, tutto ciò che ha ricevuto.