enzo buonaPINO DANIELE "CHI TENE 'O MARE" DALLA CONTEMPLAZIONE ILLUSORIA AL MISTICISMO ZEN E CRISTIANO

1979, Pino Daniele scrive un altro capolavoro “Chi tene 'o mare”: un pugno in faccia a tutti coloro che si accontentano di guardare le cose ma nulla fanno per cambiarle, come quel mare, ricchezza ingannevole, “...Chi tene 'o mare è fess e cuntent, chi tene o mare 'o ssaje nun tene niente...”. Perché secondo il cantante napoletano l’aspetto centrale nel percorso di contemplazione deve essere anche la consapevolezza e la relazione che si ha con se stessi e con il mondo in cui viviamo e quindi con la possibilità di cambiarle le cose. Altrimenti “Chi tene ‘o mare, ‘o saje, porta ‘na croce”, vive solo di illusioni.

Cosa c’entra “Chi tene o mare” con il buddismo zen e la mistica cristiana?

Un detto zen diceva “Una sola persona che si sieda, cammini, mangi e respiri da persona libera può avere un impatto su tutto il suo ambiente abbracciando l’armonia di tutte le cose, e che dimora in mezzo ai cambiamenti costanti, sopratutto negli elementi della natura: nel mare, nella montagna, nelle piante, ecc…” Zen è la pronuncia giapponese del carattere cinese “Chan” (禪), che a sua volta è la traduzione del termine sanscrito “Dhyana“. Il suo significato letterale è “visione”, ma viene spesso tradotto anche con “meditazione”, intesa come “stato di perfetta equanimità e consapevolezza”.

Mentre la contemplazione della natura nella canzone di Pino Daniele è ingannevole, illusoria, nel buddismo ci indica una strada: che per crescere si deve lasciare la propria zona di comfort ed aprirsi, volenti o nolenti, al nuovo e all’ignoto, espandere gli orizzonti e e senza scappare da ciò che viviamo. Pensare outside the box, come direbbero gli inglesi.

Secondo Buddha, il passato non c’è più e il futuro deve ancora venire; vi è un solo momento in cui vivere: il presente e viverlo mediante la contemplazione, strumento di contatto profondo con la vita e le proprie vere emozioni. Facendosi semplici domande: Che cosa voglio? Cosa è importante per me? Se questo fosse il giorno della mia morte mi sentirei soddisfatto di come ho vissuto, libero da eccessivi attaccamenti?

Ma il qui ed ora, non significa “vivere alla giornata”, in maniera passiva, senza impegnarsi, senza programmare, aspettando che gli eventi accadano senza modificarli. No, di certo. Vivere ostaggio del proprio passato sarebbe una barca alla deriva. Oggi tante sono le persone prigioniere di eventi personali e imprigionate in un passato di amarezza e odio. “Se fossi stato…”, “Se avessi avuto...”, “Se avessi fatto…”, sono la coniugazione dei verbi più inutili del nostro linguaggio, una vera e propria prigione che mina letteralmente la serenità, l’appagamento e la soddisfazione, che oscura la nostra identità che ci impedisce di donarci al presente. Perché ciò che plasma il nostro futuro è solo la qualità della consapevolezza dell’essere parte di un presente in ogni istante della propria vita, così che nessun problema, nessuna sofferenza, nulla che non sia ciò che siamo possa sopravvivere in noi

Ci possono essere correlazioni tra contemplazione buddista e cristiana? Crediamo di si. Il distacco zen dalle cose che crea un vuoto completo può ricondurci alla tradizione mistica cristiana, nella misura in cui questa ispira a incontrare nel profondo dell’animo umano il suo Dio.

Nella lettura dei Vangeli abbiamo letto frasi come: “Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso” (Matteo, 6,24-34), oppure: “Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi riguardi indietro è adatto al regno di Dio” (Luca 9-32).

In Santa Teresa di Avila, la settima stanza del suo Castello interiore, è il luogo centrale in cui risiede il Re. Teresa afferma che Dio dimora nel centro della nostra anima, ed è possibile raggiungerlo con una vita di contemplazione e preghiera, utilizzando l'allegoria dell'anima come un castello interiore fatto di sette dimore, un viaggio spirituale, il cui scopo è l'unione d'amore con Dio. Un credo che entusiasmò tutti nella sua appassionata esistenza di estasi e clausura portandola a fondare ben diciassette monasteri di Carmelitani Scalzi. Come pure è interessante notare possibili parallelismi tra zen e gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, a partire già dalla scelta comune della parola «esercizi», che per Ignazio, costituivano la via per condurci a una conoscenza esistenziale del rapporto con Dio, dando indicazioni precise sui luoghi e i tempi degli esercizi, sull’atteggiamento del corpo e sulla disposizione dell’animo.

In definitiva,laddove la ricerca della consapevolezza e della perfezione è comune alle due religioni, se nello zen buddista, l’atto contemplatorio è uno stato psicologico artificioso provocato da tecniche particolari, nella mistica cristiana ciò sarebbe impossibile, risulterebbe pura invasione dello spazio di libertà, proprio dello Spirito Santo. Perché nel cristianesimo l’incontro con Dio non è mai ottenuto per mezzo di una qualche tecnica o sforzo umano: è solo dono gratuito.

Forse sarebbe opportuno insegnare a meditare nelle scuole e ancora prima, quando il bimbo inizia a parlare e a comunicare, usando tecniche che uniscano il gioco alla meditazione: questo porterebbe ad un salto di qualità straordinario nella consapevolezza di questo pianeta. La meditazione e la progressiva consapevolezza ci portano nell'immediato ad essere felici, padroni della nostra vita, in armonia con noi stessi, con gli altri e con il mondo che ci circonda.

 

Docente di marketing territoriale e local development