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LA MUSICA NEOMELODICA, TRA ACCETTAZIONE DI UN INELUTTABILE DESTINO E QUELLA VOGLIA DI USCIRE DAL GHETTO

enzo buonaOggi lo chiamano anche popnapsound. Parliamo della musica neomelodica. Ne fece oggetto della sua tesi di laurea il neo presidente della Camera on. Roberto Fico: “L’identità sociale e linguistica nella musica neomelodica napoletana”, a coronamento dei suoi studi in Scienza della comunicazione.

Cantanti come Alessio, Tony Palermo, Nico Desideri, Gianni Fiorellino, Franco Ricciardi, Giusy Attanasio o Nancy, se li chiami neomelodici, in loro presenza, si offendono. Artisti che a Napoli oscurano le stelle nazionali e alcuni collaborano con artisti nazionali. I Club Dogo hanno duettato con Rosario Miraggio («Senorita»); Gué Pequeno («Ora no» e «Champagne») e Jake La Furia («Made in Italy») con Franco Ricciardi e La Pina con Emiliana Cantone ha rifatto «Ragione e sentimento», classico di Maria Nazionale. Clementino ha duettato con Gianni Celeste («Stelle do’ Cielo»), Franco Ricciardi («L’unico fuoco»), Nico e i suoi Desideri, sono finiti nel mirino della Sony.

Un settore senza crisi: oggi i numeri della musica neomelodica sono impressionanti, esporta in tutto il Sud; produce star, vende migliaia di dischi, in gran parte illegali, ottiene migliaia di visualizzazioni sui social, organizza concerti. Marcello Ravveduto, autore del libro "Serenata calibro 9", ipotizza un business intorno ai 200 milioni di euro; nella trasmissione "Il testimone", su MTV, Pif segue per una giornata intera Alessio, il quale riesce a raggiungere il ritmo di 10 concerti in un giorno solo.

Malgrado ciò l’approccio dei media è sempre stato più attento ad individuare legami con la criminalità e i tratti kitsch del fenomeno, rendendo il termine neomelodico un dispregiativo, come artista dalla voce nasale, il mento alzato, la mano protesa in avanti. Addirittura la CNN qualche anno fa in un articolo il cui titolo era: Popular Italian pop stars born of organized crime definì la canzone neomelodica “una strana miscela di techno, pop, musica latino-americana e tradizionali canzoni d’amore napoletane, forma singolare e bizzarra di musica generalmente eseguita da ex-criminali diventati poi menestrelli della camorra.”

L’origine della neomelodica parte sicuramente da Mario Merola che per anni dominatore delle scene, finché, nel 1992 non decise pubblicamente di nominare suo erede quel giovane cantante venuto da serate pianobar e matrimoni, Gigi D’Alessio. Il brano cantato insieme ‘Cient’anne’, è ancora oggi uno dei più ascoltati, lo scettro che passa dal ‘papà’ di Napoli al ‘figlio’. Il successo di quel giovane dalla fronte prorompente innescò subito una reazione a catena che sconvolse il panorama musicale campano. Nacque il termine neomelodico, definito per la prima volta nel 1997 nel libro Concerto Napoletano di Peppe Aiello, come filone musicale sotterraneo diverso dalla canzone classica napoletana. Distinguere da allora un cantante neomelodico da uno normale non fu difficile: presenza scenica omogeneizzata, testi in napoletano, diffusione capillare nei quartieri e nelle città di tutta la regione.

Il fenomeno ebbe il boom, quando le tv libere della Campania scoprirono un nuovo sistema per incrementare gli incassi: le telefonate con l’144, a cui si aggiunsero l'163 e l'166, cioè i numeri delle chiamate in diretta. La legge imponeva alle tv private di non mandare in onda solo telefilm e cartoni animati ma anche produrre programmi musicali magari con le telefonate in diretta. A pagamento, ovviamente. A Teleregione, Video Team Italia, Rete Più Italia, Tele A, TeleAcerra (poi diventata TeleAkery), arrivarono così decine di cantanti giovanissimi e abbronzatissimi;  pubblicizzavano i propri cd, le serate nei ristoranti, le sagre paesane, stabilendo un canale privilegiato col proprio pubblico. Un circuito che produceva reddito per i cantanti, le tv, le case discografiche, i manager, ed la Telecom che tratteneva una ghiotta percentuale prima di versare ai centri servizi i proventi del 166. Nacquero così i primi fenomeni: Ciro Ricci, Luciano Caldore, Stefania Lay. Andrà così fino al 2008, quando l’antitrust impone le prime restrizioni: stop a tutte le numerazioni telefoniche sovrapprezzo e un nuovo piano di numerazione nazionale.

La musica neomelodica allora si riorganizza: ciò che si perde in tv lo si riacquista con youtube, basta un video realizzato in mezza giornata apponendogli un numero in sovraimpressione e oplà, parte la promozione: migliaia di giovani marginali diventano così consumatori ideali di un mercato musicale che racconta di amori finiti, tradimenti, sesso precoce, divorzi, carcerati, tossicodipendenti, famiglie sfasciate, pentiti, delinquenti incalliti, latitanti, insomma il disagio sociale dei quartieri popolari napoletani. L’amore e l’onore sono le uniche consolazioni, ma di mezzo ci si mette sempre la realtà, che è tutt’altra cosa. La camorra entra nelle loro canzoni perché appartiene al loro mondo, al mondo in cui vivono. Un mondo viscerale, diretto, semplice. Parlano la lingua del loro ambiente, del loro popolo. E' questo l'elemento di differenziazione tra la canzone classica napoletana e la canzone neomelodica. La canzone d'autore napoletana è oleografica della città, una cartolina pubblicitaria di Napoli, i  parolieri neomelodici, invece, non scrivono per esportare un'immagine della città, bensì per descrivere quella Napoli che si sente diversa, non compresa e non accettata. Non ci si deve stupire se la camorra guarda con attenzione il fenomeno, come nuovo modello di business, diventando essa stessa anche agenzia di promozione e addirittura casa discografica di cantanti neomelodici. Alcuni boss allora gestiscono personalmente il giro di certi cantanti, la loro promozione e produzione, garantendo indotti giganteschi con matrimoni, battesimi e feste di piazza dove i cantanti vengono imposti dai clan agli organizzatori, con cachet da decine di migliaia di euro a serata, oltrechè fungere da "scuola di camorra" educando le nuove generazioni al culto dei boss, oltrechè per i testi delle canzoni ritenuti talvolta messaggi in codice, ed al limite se non oltre dell'apologia di reato. Ogni cosca “sponsorizzava” il suo neomelodico preferito, preferibilmente appartenente al territorio di controllo dell’organizzazione criminale in questione. Il boss Luigi Giuliano scrisse parecchi testi per canzoni neomelodiche: Chill’ va pazz’ pe’ te, cantata da Ciro Ricci, divenne un autentico tormentone negli anni ’90 a Napoli e provincia. Testi che mostrano il disagio delle periferie e dello smarrimento urbano.

Scriveva Isaia Sales: “I neomelodici affermano l’identità di una minoranza sociale urbana che cerca, attraverso le canzoni, un sostegno culturale al proprio modo di essere” [Le Strade della Violenza]. Una vera e propria identità sociale, in cui molti si riconoscono: è questo il segreto del loro successo. Continua Sales: “Chi scrive questi testi non vuole essere ascoltato da un pubblico eterogeneo, ma soltanto dal suo pubblico che è quello che giustifica anche la camorra”.

Molti giovani trovavano così nel canto una via di uscita alla povertà. Ed anche oggi, lo è. Perché per diventare neomelodico basta una buona voce e un'ottima rete di relazioni parentali ed amicali per entrare nel mercato delle cerimonie ingaggiato in decine di cerimonie di “cumparielli”. Se poi si affida alla agenzia giusta con appena 7.000 euro si incide un disco, lanciare i brani su radio e TV locali, cantare in Piazza per la celebrazione del Patrono del quartiere e in tutte le feste indette.

Ma negli ultimi mesi, quel mondo neomelodico, che ha sempre faticato ad uscire dal suo territorio (Nino D’Angelo, Gigi D’Alessio, Gigi Finizio sono state le uniche eccezioni) è stato scosso da una grossa ventata di novità con l’arrivo di Liberato, il cantante sconosciuto per via del suo cappuccio, e che nessuno ha mai visto e incontrato, che però autoproducendosi due brani, caricati su Youtube, “Nove Maggio” e “Tu t’e scurdat’ ‘e me“, senza pubblicità, in poco tempo ha raccolto 200mila visualizzazioni. Il 9 maggio scorso, diecimila persone, alla rotonda Diaz ad un suo concerto, hanno paralizzato il lungomare di Napoli. La musica di Liberato è ritenuta il nuovo sound neomelodico. Un ritmo hip hop che richiama quello delle periferie delle grandi città Usa. Nove Maggio, il brano caricato il giorno di San Valentino 2017, con il supporto del magazine Rolling Stone, ne è stata la prima prova evidente. Una ragazzina vestita di Nike che si muove come una rapper navigata tra palazzoni di periferia, vicoli, Vesuvio e Piazza San Carlo. Sullo sfondo i murales con Maradona nei Quartieri Spagnoli, muretti scrostati, lampioni, moli del porto.

Roberto Saviano ha affermato:“Liberato, un altro mistero napoletano. da giorni mi inietto nei timpani come un tossico “Nove Maggio” e “Tu t’e scurdat’ ‘e me”. […]. Liberato sta piacendo perché è accogliente: lo ascolta chi ama l’hip hop, chi la trap, chi l’indi e chi ascolta i neomelodici.Ha tracciato un nuovo confine alla musica. Benvenuto!”

*docente di marketing turistico e local development

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