I BASSI DI NAPOLI, DA VERGOGNA SOCIALE AD ATTRATTORE TURISTICO

enzo profilo

Esiste a Napoli una singolare e limitata condizione abitativa, che fa parte della cultura partenopea e che nel contempo e sociologicamente ha testimoniato quella distinzione tutta napoletana delle“classi sociali”, tra le famiglia che vi abitavano, a seconda dei piani occupati: l’avvocato al terzo piano, la famiglia dell’operaio al primo, ecc… E’ “O vascio” abitazione di una o due stanzette, al pian terreno, ricavata da antichi locali destinati a depositi, in genere nei vicoli della Napoli del centro storico ai piani terra dove, un tempo vi erano i palazzi nobiliari che lì ospitavano la servitù: lavandaie, sarte, acconciatori d’ogni sorta ecc... In poco più di una dozzina di metri quadri solevano vivere nei bassi famiglie anche di 10 persone.

Individuare le cause, le responsabilità, i fattori che hanno portato migliaia di persone a vivere in questi posti non è semplice. La loro origine risale al Medioevo quando i “bassi” fungevano da magazzini per il commercio delle merci provenienti dal mare. Tra il XVI e il XVII secolo sotto la dominazione spagnola, assunsero un nuovo volto: visto che la popolazione era in continuo aumento e dato che, per ragioni militari, era vietato costruire all’esterno della cinta urbana, i napoletani iniziarono ad abitare in tutti i luoghi disponibili: locali, esercizi pubblici, botteghe artigianali. Per i sovraffollamento era normale vedere più famiglie abitare insieme dividendosi gli spazi ridotti. Le nuove abitazioni non persero però l’originaria funzione di negozi poiché i cittadini non smisero di esercitare le proprie attività commerciali lì dove abitavano. Si diffuse così il fenomeno ed il detto di “fare casa ‘e puteca” in un unico ambiente.

E’ stato stimato che nel 1881 a Napoli i bassi fossero più di ventimila con circa 100.000 napoletani ad abitarci. Nel 1935 a fronte di 850.000 abitanti, i bassi erano ancora 50.000; il che significava che ci viveva circa un terzo della popolazione. Il Fascismo iniziò a chiuderli, attraverso la realizzazione, concordata con l’Istituto Case Popolari, di alloggi dignitosi e confortevoli all’interno dei rioni Vittorio Emanuele, Principe di Piemonte e Luzzatti. Il numero dei bassi poi si ridusse ancora di più drasticamente grazie alla guerra ed ai bombardamenti Anglo-Americani, che realizzarono così involontariamente il più grande Risanamento di Napoli.

Al giorno d’oggi, il numero si è drasticamente ridotto a 40.000, per lo più popolati da extracomunitari, che tendono a suddividersi per nazionalità, generando vere e proprie isole linguistiche e culturali, provocando anche significativi cambiamenti nell’economia della strada: i vecchi mestieri sono scomparsi poco a poco, come pure l'attitudine cooperativa che rendeva il vicolo un famiglia allargata e autosufficiente. La "capera" è stata sostituita dalla shampista e dall'estetista, E gli spaghetti al pomodoro dalla cucina indiana e tunisina, ucraina e cinese, con i loro aromi esotici e i loro sapori particolari.

Ma di questo cambiamento antropologico sta contribuendo anche il turismo teso a rivalutare le tradizioni della città: molti bassi, grazie a cooperative di giovani, cominciano a diventare una un cult turistico esperienziale. alternativa alle camere d’albergo. Trentacinque euro a notte per dormire, tanti inglesi, danesi, francesi e pure italiani, soprattutto toscani. E se non vuoi dormire, ma solo mangiare, alcuni “vasci” si sono riconvertiti in “ristovasci”ed hanno aperto le loro cucine ai turisti, napoletani e passanti, offrendo un’esperienza culinaria davvero unica e verace, mediante i sapori della cucina popolare. Un unico tavolo, una padrona di casa ed una cucina totalmente a vista dove gli “ospiti” paganti condividono il pasto con gli abitanti. Un ragù, una pasta e fagioli ed un buon bicchiere di vino locale con pochi euro. Oppure organizzare dei movietour nei “bassi” ad esempio di Materdei, il basso delle “pizze a credito” (episodio di Sophia Loren ne L’oro di Napoli, oggi sede di una vineria).

Molti scrittori, giornalisti e intellettuali hanno scritto sui bassi di Napoli. Ne Il ventre di Napoli, Matilde Serao ne parla come di “Case in cui si cucina in uno stambugio, si mangia nella stanza da letto e si muore nella medesima stanza dove altri dormono e mangiano; case i cui sottoscala, pure abitati da gente umana, rassomigliano agli antichi, ora aboliti, carceri criminali della Vicaria“.Eduardo De Filippo, in Filumena Marturano, descrive questi luoghi in maniera superba, specialmente nella scena in cui l’ex prostituta Filumena decide di dire tutta la verità ai suoi tre figli segreti e racconta loro la sua infanzia vissuta proprio in basso. Anche Boccaccio ne rimase incantato nel 1325 da descriverli addirittura nel suo Decamerone: “guardo quelle che siedono presso la porta delle loro case in via Capuana; di ciò gli occhi porgendo grazioso diletto…”.

*Facoltà Scienze Turistiche di Caserta