NUOVA COMPAGNIA DI CANO POPOLARE , LA TAMMURRIATA NERA E IL RAZZISMO DI IERI E DI OGGI

enzo buonaParlare della NCCP e di Tammurriata nera, significa evocare la storia della musica popolare più autentica del Sud d’Italia e della canzone napoletana che prevedevano l’uso di idiomi musicali colti ed extra-colti.

Era il 1967 quando Carlo D’Angiò, Eugenio Bennato e Giovanni Mauriello formarono il primo nucleo. Il nome Nuova Compagnia di Canto Popolare, fu un’idea di D’Angiò, poi venne Roberto De Simone a mostrare la strada, arrivarono Lina Sastri (per un breve periodo), Fausta Vetere, Peppe Barra, Patrizio Trampetti, Nunzio Areni. D’Angiò poi andò via con Bennato, per formare i Musica Nova. Altri addii e altri innesti, a partire da Corrado Sfogli, per arrivare sino ad oggi, quando intorno a Fausta Vetere e a Sfogli ruotano Pasquale Ziccardi, Gianni Lamagna, Michele Signore, Carmine Bruno e Marino Sorrentino.

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Un gruppo che ormai tutto il mondo ammira, un repertorio straordinario, che va dal suo successo più celebre, “Tammuriata Nera” (scritta nel 1944 da E. A. Mario (musica) ed Edoardo Nicolardi (testo), a villanelle e tammurriate composte dalla stessa Compagnia, fino ai brani più noti della tradizione napoletana, con uno stile unico e inconfondibile. Un gruppo che si opponeva al «napoletanismo» di maniera mediante ricerche "sul campo", massima attenzione ai documenti di biblioteca, articoli e saggi su villanelle, laudi e strambotti, necessari per il recupero e riattualizzazione delle musiche tradizionali campane. La NCCP fu il fiore all’occhiello di quel movimento musicale e sociale che chiamarono Napule’s Power e che vide al proprio interno: Pino Daniele, Tony Esposito, Edoardo Bennato, Tullio De Piscopo, James Senese e altri grandi leader della musica italiana e internazionale. La Nccp sfondò, con un piccolo aiuto da Eduardo De Filippo e un grande aiuto da De Simone, che li portò a Spoleto con «La Gatta Cenerentola». La storia dice che la NCCP sfondò tra il vasto pubblico giovanile ricevendo ampio consenso mediatico. “Nuova Compagnia di Canto Popolare” (1973), registrato al Teatro Belli di Roma, e i successivi “Li sarracini adorano lu sole” (1974) e “Tarantella ca nun va ’bbona” (1975) sono capisaldi con cui  il gruppo raggiunse i vertici della notorietà, inserendosi anche nel circuito del pop. Ma la canzone che più di tutte li rappresenta è Tammurriata nera, la migliore testimonianza delle condizioni di vita nella Napoli dell'immediato dopoguerra, ed in tutte le città italiane dove la vita lentamente ricomincia. La canzone diede il la anche ad ipotesi giuridiche come quella che nel 1949 il deputato Silvio Paolucci aveva presentato in Parlamento volta ad aggiungere all'articolo 235 del Codice civile, che regolava il disconoscimento di paternità, una nuova normazione:  quella in cui il figlio risultasse di razza diversa da quella del marito della madre. Per fortuna, comunque, ci aveva pensato Napoli, dove nel 1945 Edoardo Nicolardi – all'epoca dirigente di un ospedale cittadino – aveva scritto appunto Tammurriata Nera. Nel vivace botta e risposta con la gente del vicolo, il protagonista-spettatore commenta un fatto "strano", la nascita di un bambino nero da una ragazza partenopea.

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Nella canzone lo stupore per un fenomeno nuovo ("io nun capisco 'e vvote che succede / e chello ca se vede nun se crede / è nato nu criaturo è nato niro") e diffuso ("sti cose nun so' rare se ne vedono a migliare"), viene spiegato in modo affascinante e singolare:  "'e vvote basta solo 'na guardata / e 'a femmina è rimasta sott''a botta impressionata". Lo scandalo provocato dalla nascita di questo bambino rifletteva l’ideologia patriarcale fascista, per cui le donne erano proprietà degli uomini del gruppo nazionale di appartenenza. Questa ideologia poi andò riflessa anche in alcuni episodi di violenza che, dopo la Liberazione, colpirono le donne che durante il conflitto avevano avuto relazioni sessuali con stranieri per scelta, come quella della canzone. Donne che poi subirono forme più o meno pesanti di ostracismo, di cui si trovano testimonianze nella stampa e memorialistica della guerra. Uno sguardo di cui, in realtà, in pochissimi furono capaci. Tra questi, un uomo alto ed elegante, don Carlo Gnocchi e la sua fondazione Pro Juventute, da lui creata proprio per dare cura, assistenza e formazione – tese profeticamente all'integrazione sociale – a "orfani di guerra, mutilatini, mulattini, tutte vittime innocenti della barbarie umana". Dal 1945 ad oggi non molto è cambiato. Oggi siamo ancora all'odio verso il nero. Ora muto, ora scandito e ritmato dagli sfottò, ora fattosi gesto concreto. Per questo motivo risuonano ancora più belle quelle parole della canzone: poco importa che sia dalla pelle bianca o nera, rimane una creatura. “Addó pastíne ‘o ggrano, ‘o ggrano cresce:  riesce o nun riesce, sempe è ggrano chello ch’esce!

Tammurriata nera la farei cantare dai tifosi del Napoli e da tutti gli altri tifosi che si dichiarano contro il razzismo in tutti gli stadi italiani

Enzo Longobardi

docente di marketing turistico e local development