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Nel 1968 Vincenzo Starnone ha quindici anni.  Certo troppo giovane per conoscere e vivere con consapevolezza tutta la fase che precede l’esplosione di quell’anno che tutti ben conosciamo per la sua eccezionalità.

In perfetto orario però per formarsi nel clima del dopo Sessantotto, quello – tra l’altro - dei grandi cortei operai e della strategia della tensione inaugurata a Piazza Fontana il 12 dicembre 1969. Due, fin da adolescente, le sue passioni predominanti: una è la politica, non intesa – almeno inizialmente - nell’alveo della rappresentanza parlamentare e sempre e comunque concepita come strumento di trasformazione radicale del mondo in senso egualitario e libertario – per cui a quindici anni intraprende convintamente la sua militanza nelle file del gruppo anarchico napoletano Kronstadt -; l’altra è la fotografia. Niente di più naturale perciò per lui andare in giro per cortei ed immortalare i volti e le bandiere, i gesti strepitanti e i cartelloni con gli slogan. Niente di più naturale per lui mettere insieme i suoi due mondi: quello della militanza e del fare comunità e quello del racconto realistico per mezzo della luce.

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