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L’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean) e la Cina possono affrontare assieme le sfide globali più pressanti attenendosi a tre principi di comprovata efficacia per navigare attraverso i rischi della sicurezza, far fronte alle incertezze del commercio globale e promuovere la cooperazione. Lo ha dichiarato oggi il vicepremier di Singapore, Teo Chee Hean, in apertura del Future China Global Forum e del Singapore Regional Business Forum, eventi di due giorni che si svolgono in simultanea presso il Ritz-Carlton Hotel nella città-Stato. I tre pilastri della cooperazione tra Cina e Asean, ha detto Teo, sono l’adesione a un “sistema multilaterale interconnesso”, il “commercio libero e aperto” e un “ordine internazionale basato sulle regole”.

“Oggi il mondo è troppo interconnesso per poterci ritirare nell’isolazionismo”, ha dichiarato il vicepremier di Singapore, paese che regge la presidenza annuale dell’Asean.

“Dobbiamo rafforzare il sistema multilaterale, migliorare la capacità di individuare i traguardi comuni, anziché accantonarli. (…) I problemi che dobbiamo risolvere vanno oltre le capacità dei singoli paesi di farvi fronte”, ha detto il vicepremier di Singapore. Teo ha ricordato che la Cina e i paesi dell’Asean sono sempre stati connessi e interdipendenti, per ragioni storiche e geografiche, e che per questa ragione la cooperazione economica costituisce “un pilastro delle nostre relazioni”. La Cina è stata il principale partner commerciale dell’Asean per gli ultimi otto anni, mentre l’Asean è il terzo partner commerciale di Pechino da sette anni a questa parte. Lo scorso anno la Cina è stata anche la principale fonte di investimenti esteri diretti per l’Asean, mentre l’Asean è stato il quarto investitore straniero per la Cina.

Il vicepremier di Singapore ha sottolineato l’esigenza di investimenti del Sud-est Asiatico: l’Asean necessiterebbe di investimenti annui per 210 miliardi di dollari sino al 2030 per colmare i propri deficit infrastrutturali, stando alle stime della Banca Asiatica di Sviluppo (Asian Development Bank, Adb). Tao ha citato ad esempio il progetto del collegamento ferroviario Kunming-Singapore, che dovrebbe collegare la Cina Sud-occidentale al Sud-est Asiatico. Il vicepremier ha aggiunto che Asean e Cina stanno lavorando all’aggiornamento dell’Asean-China Free Trade Agreement del 2002 (Acfta) e per completare i negoziati relativi al Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep), che coinvolgono, oltre ai 10 paesi Asean e alla Cina, anche India, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.

Il primo ministro di Singapore, Lee Hsien Loong, ha tenuto un intervento ieri, in apertura della ministeriale dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico (Asean) tenutasi nella città-Stato. Lee ha posto l’accento sulla cooperazione economica e commerciale tra i paesi dell’organizzazione, una delle priorità che Singapore si è data quest’anno, assumendo la presidenza di turno dell’organizzazione. Lee ha chiesto ai paesi dell’Asean di fare di più per approfondire l’integrazione economica, specie alla luce delle tensioni in atto nel contesto del commercio globale. L’integrazione economica, e in particolare lo stato dei negoziati per l’accordo Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) è stato affrontato dai ministri degli Esteri dei 10 paesi Asean durante i successivi colloqui.

Secondo Lee, l’Asean “ha conseguito il suo iniziale obiettivo politico, il conseguimento della pace e della stabilità regionale”, e ora “ha indirizzato la propria attenzione alla cooperazione economica”. Secondo il premier di Singapore, “le strutture guidata dall’Asean ci hanno servito bene, e per questa ragione dobbiamo continuare a rafforzare l’architettura regionale. Possiamo tutti constatare le incertezze geopolitiche”, ha ammonito il primo ministro, riferendosi in particolare alle tensioni commerciali tra Usa e Cina. “E’ importante che i paesi dell’Asean continuino a sostenere il sistema (del commercio multilaterale basato sulle regole” e lavorino con partner affini per rafforzare la rete della cooperazione”, ha dichiarato Lee.

I ministri del Commercio dei 16 paesi dell’Asia-Pacifico che aderiscono al progetto dell’accordo di libero scambio Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) hanno concordato all’inizio di luglio di giungere a un accordo entro la fine dell’anno, anche se tale scadenza quasi certamente comporterà la permanenza di una serie di importanti questioni irrisolte. Il ministro del Commercio giapponese Hiroshige Seko e la controparte di Singapore, Chan Chun Sing, hanno annunciato l’obiettivo temporale di fine anno al termine di un incontro a Tokyo tra i paesi membri del progetto, il 1° luglio scorso. I paesi che aderiscono ai negoziati “concentreranno i loro sforzi al conseguimento di un pacchetto di risultati entro fine anno”, recita una nota comune diffusa al termine dell’incontro di ieri. I negoziatori del Rcep si sono nuovamente incontrati in Thailandia a metà luglio per discutere l’eliminazione di tariffe al commercio e l’adozione di nuove regole per la liberalizzazione degli scambi. I ministri del Commercio, invece, si incontreranno di nuovo a Singapore a metà agosto; l’approvazione dell’accordo potrebbe giungere in occasione del prossimo summit annuale dell’Asean, nel mese di novembre.

L’adozione di un accordo è ostacolata dalle visioni dei rapporti commerciali ed economici apparentemente inconciliabili tra i paesi membri dell’Asean, e delle alternative già presenti a livello regionale: anzitutto il Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep), che dovrebbe includere a sua volta tutte le economie Asean, e inoltre India, Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda; e in secondo luogo il Partenariato trans-pacifico (Tpp), cui aderiscono 11 paesi, tra cui il Giappone, che hanno già firmato un testo e si apprestano a ratificarlo. Sembra avere maggior fortuna, invece, il tentativo di Singapore e del blocco delle economie regionali di accelerare l’integrazione normativa e regolatoria a fronte dei nuovi fenomeni economici di carattere sovranazionale: un’esigenza emersa di recente con l’accordo di fusione tra i fornitori di servizi di trasporto su richiesta Grab e Uber.

Quello di Singapore appare però un obiettivo difficilmente realizzabile, a causa delle visioni dei rapporti commerciali ed economici apparentemente inconciliabili tra i paesi membri dell’Asean, e delle alternative già presenti a livello regionale: anzitutto il Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep), che dovrebbe includere a sua volta tutte le economie Asean, e inoltre India, Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda; e in secondo luogo il Partenariato trans-pacifico (Tpp), cui aderiscono 11 paesi, tra cui il Giappone, che hanno già firmato un testo e si apprestano a ratificarlo. Sembra avere maggior fortuna, invece, il tentativo di Singapore e del blocco delle economie regionali di accelerare l’integrazione normativa e regolatoria a fronte dei nuovi fenomeni economici di carattere sovranazionale: un’esigenza emersa di recente con l’accordo di fusione tra i fornitori di servizi di trasporto su richiesta Grab e Uber.

Lo scorso aprile, durante il 16mo Asean Economic Community Cuncil Meeting – uno degli eventi ospitati da Singapore nel contesto del 32mo summit dell’organizzazione - il ministro del Commercio Lim Hng Kiang ha esortato i suoi omologhi dell’Asean a “rimanere al passo e accelerare” l’attuazione della Comunità economica Asean (Asean Economic Community, Aec) per sbloccare il pieno potenziale delle economie della regione e preservare la propria credibilità. La perseveranza dell’organizzazione nel perseguire gli obiettivi del piano “Aec 2025” per l’integrazione economica e infrastrutturale, ha detto il ministro, “assume un significato più elevato in un mondo caratterizzato dall’ascesa dei sentimenti anti-globalisti e della retorica protezionistica”.

Lim ha dichiarato che la realizzazione dell’Aec nel 2015 ha segnato “una importante pietra militare” nel processo di integrazione economica della regione. “Imbarcandoci nell’Aec 2025, rinnoviamo il nostro impegno a costruire un’Asean più prospera ed economicamente integrata”, ha aggiunto il ministro. Lim non si è limitato a citare i “pericoli” posti dal protezionismo, ma ha anche sottolineato l’esigenza di affrontare congiuntamente le sfide poste sul piano socioeconomico da storici cambi di paradigma come l’automazione e lo sviluppo della digital economy. Infine, il ministro ha esortato i paesi dell’Asean a prestare attenzione alle misure di facilitazione del commercio, sottolineando che al progressivo abbassamento delle barriere tariffarie agli scambi si sono sostituiti ostacoli di natura non tariffaria.

La linea condivisa da Malesia e Thailandia è che i benefici della rapida adozione di un accordo sarebbero maggiori, anche se l’intesa fosse limitata in termini di adesioni. Questa linea gode peraltro del tacito sostegno di Cina e Corea del Sud, che senza l’India e le economie dell’Oceania vedrebbero aumentare significativamente il loro peso specifico nel contesto del futuro accordo. Il Giappone, di contro, teme questo scenario, e sta ricorrendo all’influenza di cui dispone per promuovere la visione più estesa del Rcep. Agevolare l’ingresso della Thailandia nel Tpp potrebbe fungere anche a questo scopo, eliminando la necessità per Bangkok di perseguire un Rcep “ridimensionato”; più nell’immediato, Tokyo punta ad estendere il Tpp a diverse economie dell’Asean per spingere gli Usa a riconsiderare l’adesione all’accordo, e ridurre così le pressioni commerciali di Washington sul fronte bilaterale.

Il Vietnam, che assieme al Giappone ha giocato un ruolo fondamentale nella concretizzazione del Tpp, ha perso a sua volta interesse per il Rcep. Non è esente da perplessità nemmeno Singapore, che pur promuovendo il progetto, teme che quest’ultimo possa tradursi in un’ondata di migranti economici verso la città-Stato. A queste dinamiche già estremamente complesse, si sommano le turbolenze generate dalle tendenze protezionistiche provenienti dagli Stati Uniti, e dallo scontro commerciale tra questi ultimi e la Cina. Su un altro fronte – quello dell’integrazione degli standard regolamentari e normativi – le prospettive appaiono invece migliori, anche per effetto delle sfide comuni poste dalla rivoluzione digitale.