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Le feste negate. Le feste napoletane tra paganesimo e cristianesimo. I loro fasti, il loro declino - Paolo Izzo - copertina

L’animo festaiolo del napoletano, almeno di quello dei secoli passati, è fin troppo noto. Ma quali erano le feste che hanno alimentato quest’aspetto dell’esistenza dei nostri antenati? Le feste di cui normalmente si parla sono poche e sempre le stesse: il Carmine, San Gennaro, Montevergine, la Madonna dell’Arco, Piedigrotta... Sono centinaia quelle strettamente napoletane di cui si è persa ogni traccia. Sono feste religiose, ma anche laiche.

Napoli, negli ultimi milleseicento anni, ha generato una quantità inimmaginabile di ricorrenze, con forte caratterizzazione locale o addirittura sconosciute altrove.

Questo l’argomento centrale delle 300 pagine che l’autore e l’editore Paolo Izzo ripropone nel suo volume (Stamperia del Valentino, collana Sotto il cappello, euro 30) “Le feste negate - Le feste a Napoli tra Paganesimo e Cristianesimo, i loro fasti e il loro declino”, impreziosito da uno scritto di Gaetano Miranda e da illustrazioni in monocromia.

Un lavoro così completo su un tema tanto interessante non risulta sia stato mai prodotto. In trecento pagine, e anni di ricerche, sono emersi aspetti insospettabili e appassionanti sull’argomento. Corredato da molte e inusuali illustrazioni al tratto d’epoca, e da una nutrita appendice bibliografica (circa centoventi le fonti consultate, buona parte delle quali del ’700 e dell’800) questo libro si presenta come un episodio unico e irrinunciabile per chi ami profondamente le radici della città partenopea, o sia semplicemente motivato da esigenze di ricerca e di approfondimento storico-antropologico.

In un Pamphlet a più mani, della fine dell’800, la giornalista napoletana Fanny Zampini Salazaro ricorda come il festeggiare sia connotato allo spirito del napoletano. Effetto di un’innata esigenza di condividere il piacere con il proprio prossimo (diversamente “non gli fa bene allo stomaco ciò che mangia o beve alla presenza di altri, se questi non partecipa”, argomenta l'autrice), la festa nasceva in modo spontaneo in piccole aggregazioni rurali o anche cittadine. Tale abitudine, nel periodo della sua massima diffusione, influiva in modo consistente sull’economia delle famiglie, “che giungevano a vendersi financo il letto pur di poter godere un giorno!”.

Non mancano testimonianze sulla propensione festaiola del popolo partenopeo. Petrarca ricorda con orrore di aver visto cadere morti ai suoi piedi i migliori giovani della città, durante le sfide tenute presso la “Carbonara” (che definì tetrumatque tartareumspectaculum). Maria d’Aquino, la Fiammetta del Boccaccio e figlia naturale – sembra – di re Roberto d'Angiò, testimonia di una società elegante, che si veniva corrompendo nella vita gaia e spensierata di liete feste… 

La casa editrice

Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico. La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.

 

 

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