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Eroe dimenticato. Non c’è una definizione migliore per ricordare Federico Del Prete, sindacalista che ha pagato con la morte il suo impegno contro la camorra. Il suo è uno di quegli omicidi che non hanno scatenato reazioni di lotta alla criminalità ma quella paura recondita del voltarsi dall’altra parte.

Meglio non ricordare ciò che è accaduto, non ricordare chi ha perso la vita per mano criminale, meglio non parlare di Federico Del Prete e la lotta ancora attuale che rappresenta a distanza di circa vent’anni, contro una camorra becera collusa anche con le Istituzioni. Quella sua battaglia andrebbe ancora combattuta perché quei sistemi per imporre il pizzo ai piccoli commercianti, come l’imporre l’acquisto di buste e sacchetti sempre dagli stessi fornitori e a prezzi fissi, sono ancora frequenti, ma la paura continua a farla da padrone e le denunce sono poche se non inesistenti. Chissà se un’attenta volontà politica e istituzionale nel ricordo e nella commemorazione di Federico Del Prete avrebbe sortito un deterrente per queste situazioni che ancora oggi si verificano nei nostri territori, quella terra di mezzo dove regna la paura o peggio il disinteresse più totale a cambiare le cose, anche le più piccole, come il rifornirsi di un pacco di buste per un’attività commerciale, ambulante e non, lottando e infondendo il coraggio a quelli che subiscono in silenzio nella convinzione che nulla possa mai cambiare, difendendo i diritti dei calpestati, di chi troppo spesso non ha voce. Noi non ci stancheremo di ricordare Federico Del Prete e la sua vita che è stata raccontata più volte nei suoi libri da Raffaele Sardo, giornalista de La Repubblica, ma anche da Raffaele Cantone. L’ex pubblico ministero che ha mandato in carcere diversi affiliati e boss dei casalesi ha ricordato la figura di Del Prete e, come annunciò nel corso di un incontro con gli studenti frattesi promosso dal direttore di Cogito, Antonio Iazzetta, aveva anche avviato i contatti per realizzare una fiction televisiva su quella vita, ma non se ne è poi fatto nulla. Nato a Frattamaggiore il 14 settembre del 1957, fu presidente del Sindacato Nazionale Autonomo Ambulanti, creato proprio da lui per difendere i commercianti costretti a pagare il pizzo. Fu ucciso per aver denunciato il racket imposto dalla camorra sui mercati delle province di Napoli e Caserta. Infatti la storia di Federico Del Prete si snoda nel contesto della mafia casertana, dedita alle estorsioni nei mercati rionali e all’imposizione attraverso subdoli metodi di mercato, come quello delle buste di plastica, che venivano offerte settimanalmente al prezzo di cinque euro il chilo, mentre alla fonte costavano appena un euro e ventitré centesimi. In particolare, operava in un settore particolarmente delicato, in cui attraverso i suoi iscritti e la sua attività di denuncia ha evidenziato il malaffare diffuso nei comuni del casertano e nelle zone dell’area nord del napoletano, insomma tutte zone ad alto rischio criminale. Il suo impegno era svolto con particolare attivismo tanto da aver denunciato dapprima gli abusi e le irregolarità amministrative riscontrate nel corso delle fiere settimanali fino a spingersi a far luce sulle estorsioni di cui erano sistematicamente vittime i venditori ambulanti. Aveva denunciato alla squadra mobile di Caserta che a Mondragone i commercianti pagavano il pizzo al clan La Torre e che a ritirare i soldi era un vigile urbano, Mattia Sorrentino. Aveva raccolto prove e testimonianze contro il vigile e lo aveva fatto arrestare in flagranza, mentre passava tra le bancarelle dei commercianti a riscuotere i soldi preavvertendo i commercianti con la frase: “Mimì prepara la maglia”. A seguito della denuncia venne instaurato un processo davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, processo nel corso del quale avrebbe dovuto testimoniare proprio il giorno seguente il suo omicidio. La sera del 18 febbraio 2002, Federico del Prete era nel suo ufficio, in via Baracca a Casal di Principe. Per la strada circolava poca gente perché faceva molto freddo intorno alle 19.30. Era una domenica, ma Federico era a lavoro perché era la vigilia del processo in cui avrebbe testimoniato contro il vigile urbano Mattia Sorrentino che riscuoteva il pizzo dagli ambulanti per conto del clan La Torre. Il segnale arrivò forte e chiaro: tutti dovevano farsi i fatti propri, tutti smisero di ricordare in quel processo, Federico fu abbandonato dalla paura dei suoi compagni di lotta. “In quelle giornate era particolarmente nervoso, fumava tantissimo, sapeva che stava rischiando la sua vita, ricordo ancora quel pacchetto di sigarette che la povera moglie lanciò nella tomba” ci ha dichiarato il nipote Salvatore Del Prete, come se il nervosismo continuasse anche dopo la sua morte, e quel presagio si avverava man mano passava il tempo. Mentre era al telefono, una persona entrò di botto. Federico capì che era un killer della camorra, ebbe appena il tempo di rendersi conto di ciò che stava per accadere, poi, cinque colpi in rapida successione lo colpirono allo stomaco e al torace, lasciandolo per terra, senza vita. Il killer scappò insieme ai suoi complici. “Mio padre lottava con perfetta coscienza che la camorra lo avrebbe un giorno ucciso, non poteva ignorare e non igno- 5 - Cogito Anno XXVI - numero 429 - sabato 16 Febbraio 2019 PRIMO PIANO Via Nazionale delle Puglie, 276 - Casoria (NA) Tel. 081.7590204 www.albacaffè.it rava, l’estremo pericolo che correva. Eppure non è fuggito”, queste le parole del figlio Gennaro che ha lottato per riconoscere il suo status di figlio di vittima della criminalità. Ad ammazzarlo fu Antonio Corvino, uno dei killer del clan dei Casalesi, condannato a quattordici anni di reclusione, autoaccusatosi sei anni dopo l’omicidio di Federico, definendolo “uno che faceva cose giuste”. Vincenzo Del Prete, il primo dei dodici fratelli di Federico, dichiarò: “Vogliamo solo che la giustizia vada avanti e faccia fino in fondo il proprio corso. E che i giudici accertino fino in fondo la verità, tutta la verità. Chi sono i mandanti e quanti sono gli esecutori. Perché pare che fossero almeno in quattro a far parte del commando assassino. Quattro sicari. Quello che hanno fatto a Federico nessuno può dimenticarlo. Era un ragazzo d’ oro e lottava per il bene degli altri. Ricordo che una settimana prima che venisse ucciso ebbi occasione di parlare con mio fratello. Mi raccontò delle minacce. Gli chiesi di lasciare tutto e andare via. ‘Vattene in Venezuela. Ti aiutiamo economicamente per partire e arrivare lì, ma in quel luogo ci sono tante opportunità per ricominciare’. Mi rispose: ‘Non posso farlo perché non avrei più la forza di guardare in faccia le persone che hanno creduto in me’. Fu l’ultima volta che lo vidi. Ricordo che mi chiamò uno dei miei fratelli a telefono: ‘Dobbiamo andare a Casal di Principe. E’ successo qualcosa a Federico’. Dei vicini non c’era nessuno. Il vuoto intorno a noi della famiglia. Come se fossimo degli appestati. Sentivo il freddo che mi entrava nelle ossa. Mi sentii male. Nemmeno una sedia per sedersi, nemmeno una tazza di caffè, come si usa in queste occasioni. Niente. Sono cose che non si dimenticano anche se passa il tempo”. (cfr La Bestia di Raffaele Sardo) Al suo funerale c’erano pochissime persone e anche negli anni successivi, sono state poche le iniziative per ricordare Federico Del Prete, nonostante gli sia stata assegnata la medaglia d’oro al valor civile. E’ stato quasi dimenticato se si eccettua l’intitolazione di qualche strada, di un’area mercatale e di un’associazione antiracket. Queste due ultime cose, tra l’altro, nell’area casertana e non a Frattamaggiore dove gli è stata dedicata la strada che conduce al mercatino rionale. “Federico Del Prete, premiato con la medaglia d’oro al valor civile però non viene commemorato a Frattamaggiore e la strada fu intitolata a lui non per merito della politica frattese, ma questa deliberazione fu per merito della Commissione prefettizia nel periodo che ha gestito il comune di Frattamaggiore a causa dello scioglimento del Consiglio comunale per condizionamento camorristico” ha detto il nipote, Salvatore. Federico Del Prete operava in un settore particolarmente delicato, in cui attraverso i suoi iscritti e attraverso la sua attività di denuncia, come numerosi esposti da lui firmati lo dimostrano, hanno evidenziato l’enorme malaffare diffuso nei comuni di Casal di Principe, Capua, San Marcellino, Mondragone, Villa Literno, nel casertano, e nelle zone di Frattamaggiore, San Giovanni a Teduccio, Acerra, nel napoletano, tutte zone ad alto rischio criminale. Svolse la sua attività con particolare attivismo tanto da aver denunciato dapprima gli abusi e le irregolarità amministrative riscontrate nel corso delle fiere settimanali fino a spingersi a far luce sulle estorsioni di cui erano sistematicamente vittime i venditori ambulanti. A distanza di 17 anni, sono sempre poche le commemorazioni istituzionali a lui dedicate e, al momento di andare in stampa, non ne sono previste quest’anno. Tante le realtà associative che ricordano il sacrificio di Federico, invece, portandolo a conoscenza e coscienza delle generazioni future, come avverrà a Frattamaggiore il prossimo 19 Febbraio nella sede di Sottoterra Movimento Antimafie, dove i volontari insieme con gli studenti dell’Isis Gaetano Filangieri di Frattamaggiore, nell’ambito del progetto Scuola e Volontariato del CSV Napoli, realizzeranno buste ecosolidali nel ricordo di Federico del Prete, utilizzate poi per una raccolta alimentare sul territorio da donare a persone in difficoltà segnalate dalla Caritas.